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Segnare con l’aratro l’estremo lembo del campo che di solito si lascia incolto. Ha origine dall’arcaico «capitagna». Da ciò il detto «fare le capezzagne».
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Cavezza, testiera (dalla forma latina di caput, perciò di armatura di cuoio o di corda da applicare al capo dei cavalli dei muli o degli asini).
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Capezzolo della mammella (da piccolo capo delle mammelle).
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Scegliere, nell’accezione più estesa (da scapare, vale a dire levare la testa alle acciughe per sceglierle e pulirle; oppure da prendere più cose, capo per capo).
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Cavano, piccolo canestro o cesta.
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Usasi nel detto «andare in cannone» nei confronti di ogni ortaggio quando sfila per la produzione del seme. Usasi ancora in senso figurato verso persona che è troppo cresciuta o sta crescendo in altezza. Tallo.
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Tipo di maglia tessuta a mano, di lana o cotone a scanalature o coste (dal francese «canneler» e dal participio passato «cannelé»).
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Specie di zufolo ricavato dallo stelo di una pianta simile all’avena che nasce in mezzo al fieno. Soffiando dentro, si ricava un suono monocorde e opaco. Derivazione da canna di fieno. Oppure dalla forma latina «cano flebiliter» ossia canto fievolmente.
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Femmina del pescecane (si noti la forma volgarizzata del nome femminile di cagnesca e canosa che sono appunto una specie di squalo del Mediterraneo). A Napoli detto pesce viene chiamato canessa.
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Pessimo spettacolo, cantato o recitato, da cani. Significa anche una specie di cibo, fatto con pane bagnato e triturato, condito con olio, sale, pepe, aceto e pomodoro a pezzi e mescolato con le mani fino a farne un miscuglio, quasi un piatto per cani. Riprendere ad alta voce qualcuno per un rimprovero.