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Termine contadino per dire vomere o il tipo di vomere dell’aratro a legno che è diverso da quello metallico. Dal latino volgare «gumea». La parola è diffusa nell’alto viterbese.
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Guasto, non fresco, proprio dell’uovo che sciacqua. In senso figurato di persona dissennata, non pericolosa, a cui sciacqua il cervello nella scatola cranica. Dal francese «gouailler».
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Minchione, scemo scherzoso e divertente. Alterato maggiorativi di gojjo.
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Colpo o manrovescio sulla spalla o sul collo. Etimologia incerta. Forse da goffo o maniera goffa che significa malfatta e senza grazia. Data la violenza è stata usata la forma accrescitiva.
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Far goffo significa soffiarsi il naso senza fazzoletto, cioè soffiando forte la narice da scaricare mentre con la mano si serra l’altra. Goffo è inteso come cosa malfatta, senza garbo.
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Nudo, ignudo. Aferesi di ignudo.
Gnudo (ag) photo:
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Lamento continuo ed insistente, specie dei bambini quando fanno capricci. La parola ha origine onomatopeica con qualche riferimento a lagno. G. G. Belli nel sonetto n. 1483 usa la parola «jjoja» che, secondo il Vigolo, deriva dal napoletano.
Gnòrgna (s) photo:
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Gnente (pr) – Sta per niente.
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Gnàcchera (s) – Nacchera, castagnetta. G. G. Belli nel sonetto n. 227.
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Palandrana lunga fino ai piedi. Dicesi anche di vestito eccessivamente lungo. Ha origine dai versi latini di un salmo «Jube Domine» per cantare il quale il sacerdote indossava il camice o il piviale che è lungo fino ai piedi.